Citazione della settimana

CITAZIONE DELLA SETTIMANA

"...una volta che sai cos'è la cosa che vuoi che sia vera, l'istinto è un mezzo molto utile per metterti nelle condizioni di sapere che è vera."

(da Douglas Adams, Addio, e grazie per tutto il pesce; Milano, Mondadori, 1986)

Vedi tutte le citazioni.
Homepage di Libri e oltre

venerdì 3 luglio 2015

Il ciclo degli Animorphs, di Katherine Applegate


Anni di pubblicazione:   1998-2002, Mondadori.

Un po' di letteratura fantascientifica... per ragazzi.

Il mondo sta vivendo momenti difficili: l'umanità, senza saperlo, è in pericolo.
Il presidente degli Stati Uniti, insieme agli altri capi di Stato, non agisce per il bene dei cittadini; le decisioni dei potenti del mondo non sono orientate al benessere degli esseri umani.
Qual'è il motivo? Come si può spiegare una simile aberrazione?
E' semplice, la Terra è sotto attacco. Una razza aliena sta invadendo il pianeta: lumache parassite chiamate Yerk prendono possesso delle menti delle persone e riescono a controllarle completamente. Chi viene infestato appare del tutto uguale a prima, ma inizia ad agire per la causa degli invasori, e i gangli del potere sono i primi obiettivi della loro ascesa.
Gli unici ad aver saputo, i soli che tentano di fermare i pericolosi parassiti sono pochi ragazzi (americani), aiutati da un alieno andalita, nemico degli Yerk ed appartenente ad una razza apparentemente schierata dalla parte del bene. Ed è proprio dagli Andaliti che questi giovani paladini hanno ricevuto la possibilità di acquisire il DNA degli animali che toccano e di trasformarsi poi in essi. E' questa l'arma che, abbinata alle dovute conoscenze zoologiche, permette loro di contrastare l'ascesa degli invasori. Così, alla pericolosità di tigri, leoni ed orsi, si alternano nelle metamorfosi sfruttate dai ragazzi la vista acuta dei rapaci, l'invisibilità delle pulci, il mimetismo degli insetti, e così via.
Nel corso di 54 romanzi relativamente brevi, i giovani protagonisti si alternano nel narrare le loro avventure e disavventure in prima persona. Gli episodi sono avvincenti e i fatti si susseguono con ritmo incalzante; la lettura è veloce e piacevole. Al contesto quotidiano si unisce il fascino del fantascientifico e, talvolta, il delinearsi di suggestivi panorami futuristici. La fantasia dell'autrice è notevole e, se si apprezza questo genere, il divertimento è assicurato.

In questa storia, che rielabora con una certa originalità un cliché tipico della fantascienza, è interessante soprattutto notare come si sviluppi la lotta contro un'invasione che si rivela via via più minacciosa e incontenibile. Inizialmente, infatti, i ragazzi, seppur con diversi atteggiamenti, agiscono per fermare i nemici evitando per quanto possibile la violenza. Con l'evolversi negativo degli avvenimenti, però, si vedono costretti a compiere scelte che mettono in crisi le loro buone intenzioni e la loro coscienza, finché, venutisi a trovare nella condizione di clandestini e in una situazione disperata, arrivano ad attuare piani che si potrebbero definire terroristici.
Una soluzione positiva sembra infine intravedersi soltanto in un approccio diverso, che va oltre la contrapposizione e cerca una soluzione pacifica e funzionale alla sopravvivenza di tutte le specie coinvolte. E' una prospettiva che, però, non si concretizzerà. Gli ultimi due libri della raccolta (che Mondadori scelse di non tradurre e che sono reperibili a questo link) descrivono anzi un esito che comporta una sorta di genocidio alieno e, come conclusione, persino una missione suicida dei protagonisti, disposti a sacrificarsi per annientare il male.

Non si può certo dire, insomma, che questo ciclo di romanzi sia istruttivo o rappresenti per chi lo legge una qualche forma di arricchimento culturale. Una soluzione pacifica e civile dei conflitti è solo accennata o parziale. Più interessante è il fatto che il lettore venga posto di fronte a tutti gli aspetti meno gloriosi della guerra ed alle scelte difficili e immorali che comporta.
Si può riflettere, inoltre, sul fatto che, in contesti di scontro grave, atti deprecabili possano diventare, se non si fa attenzione, quasi soluzioni spontanee ai problemi, specie se si pensa di stare dalla parte del giusto.

Qualcosa si può dire anche riguardo al fatto che letture facili e coinvolgenti possano essere un elemento che spinge i ragazzi ad avvicinarsi al mondo dei libri e a testi più impegnativi.
La lettura piacevole e scorrevole di questa serie di romanzi è certamente assai accattivante, e non necessariamente soltanto per i lettori giovani. Viene da chiedersi, però, se un concentrato di adrenalina come quello che rapisce il lettore in questa saga possa stimolare poi nei ragazzi la curiosità e la passione per la lettura, o se invece non sia un elemento che toglie interesse a narrazioni meno intense e d'azione.

Dell'autrice statunitense Katherine Applegate segnaliamo anche un altra serie di romanzi (apparentemente per ragazzi), dedicati questa volta alla mitologia, il ciclo Spada e magia.
Romanzi simili, perché propongono ragazzi con poteri al di fuori del normale, sono la serie di Pittacus Lore e Il ragazzo invisibile, di Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo.

Gridoux

lunedì 15 dicembre 2014

Fumo negli occhi, di Faele e Romano




Commedia in due atti.

Siamo nell'Italia del boom economico, negli anni '60. La famiglia Brandolini (marito, moglie, figlia, figlio, nonno e domestica) cerca di acquisire con fatica i nuovi status symbol del benessere in arrivo, ma può permettersi a stento un giradischi e poco altro. I vicini di casa, i De Marchi, fanno invece sfoggio di tutti i nuovi oggetti e mezzi del progresso, nonostante il signor De Marchi sia un semplice impiegato di banca, al contrario del signor Brandolini, suo capoufficio.

Chi non riesce a sopportare questa situazione è Teresa, la signora Brandolini, per la quale l'apparenza a livello sociale conta più di ogni altra cosa. Così, la donna costringe il marito Carlo ad acquistare l'antenna di una televisione che non possiede, per esporla alla vista degli odiati vicini, fa imitare ai famigliari il suono di un'inesistente aspirapolvere e munisce la sua casa del quadro di un improbabile antenato, esposto anch'esso in modo che i dirimpettai possano notarlo. I suoi sforzi, però, non trovano la comprensione del marito e degli altri esponenti della famiglia, i quali collaborano malvolentieri e fanno dell'ironia sulle sue scelte, mancando spesso di rispetto al lugubre quadro dell'avo da poco acquisito.

Dopo l'acquisto di un'automobile da parte dei vicini, cosa che inviperisce ancor più la signora Brandolini, la situazione precipita ulteriormente quando la signora De Marchi comunica che trascorrerà col marito il weekend in costa Azzurra. A questo punto Teresa,, quanto mai indispettita, non volendo sembrare da meno, millanta di fronte alla vicina un fine settimana a Capri.

Da qui nasce per i Brandolini la necessità di trascorrere il sabato e la domenica nascosti in casa, al buio. Questa scelta obbligata, oltre a portare al limite l'esasperazione del signor Brandolini per la fissazione della moglie, produrrà ulteriori gag e situazioni tanto comiche quanto insostenibili. Alla fine, però, anche gli armadi dei De Marchi lasceranno emergere i loro scheletri, il fumo dell'apparenza verrà dissipato e la verità avrà la sua rivincita, insieme alla dignità di una vita onesta.

Questo è il senso di una commedia piacevole e divertente, capace, nonostante il tempo trascorso dai fatti rappresentati, di far riflettere su di un tema molto attuale, tanto più oggi che siamo nel pieno della società dello spettacolo e dell'apparire che prevale sull'essere.

Questa recensione fa riferimento alla versione di Fumo negli occhi interpretata nel 2014 da 'I Sedegot', compagnia di attori amatoriali ma davvero abili e notevoli nel dare vita a rappresentazioni sempre molto piacevoli.

Gridoux

lunedì 2 giugno 2014

Dazai Osamu: biografia e opere




Proponiamo di seguito un interessante excursus nella letteratura giapponese, con un articolo di Elena Tessari, pubblicato recentemente sulla rivista online Rivista!unaspecie ed incentrato sulla vita e le opere assai peculiari ed originali dell'autore Dazai Osamu.


«L’estasi e il terrore di essere Dazai Osamu

articolo di Elena Tessari

Dazai Osamu fa parte di quel gruppo di autori della prima metà del Novecento giapponese definiti outsider. Sebbene non siano molto famosi e letti in Italia, grazie alla loro originalità e incisività continuano ad avere un gran numero di lettori e di appassionati in patria. A sessant’anni dalla morte, Dazai continua ad essere uno degli autori più letti – il suo Ningen shikkaku (Lo squalificato, 1948), è il secondo romanzo più venduto dopo Kokoro (Il cuore delle cose, 1914) di Natsume Sōseki – e a radunare ogni anno moltissimi ammiratori per gli anniversari di nascita e di morte.

Tsushima Shūji, in arte Dazai Osamu, nasce il 19 giugno 1909 a Kanagi, nella prefettura di Aomori, nel nord del Giappone. È il sesto figlio maschio di una ricca famiglia di proprietari terrieri. Il padre è deputato presso la Camera bassa della Dieta, impegno che lo trattiene spesso a Tōkyō.
Si può dire che sia proprio la famiglia di Dazai a determinare la sua scelta di outsider: da un lato l’essere il figlio più piccolo lo fa sentire insignificante dal punto esistenziale e affettivo, d’altro canto la sua appartenenza a una famiglia altolocata è motivo del suo forte orgoglio e narcisismo. Questo amore/odio per la sua situazione familiare lo porta a una scelta di vita singolare: operare per gli altri, senza seguire il naturale egoismo umano della sopravvivenza. Dazai si erge perciò a portabandiera e paladino di chi fatica a vivere nella società. Lo strumento principe della sua missione è la letteratura: nel 1925 infatti decide di diventare scrittore, e inizia a pubblicare i suoi primi tentativi letterari su riviste auto prodotte insieme ai compagni di scuola. Nel 1927, studente di un istituto superiore, inizia a vivere da solo adottando uno stile “decadente” e avvicinandosi al movimento comunista, al tempo illegale. Le sue origini altolocate e la sua cattiva salute gli impediscono di essere in prima linea: è questo il movente del suo primo tentativo di suicidio, da lui considerato come unico “servizio alla società” possibile. È illuminante, da questo punto di vista, la citazione da Sagesse di Paul Verlaine che appare all’inizio del racconto Ha (Foglie, 1934): “J’ai l’extase et j’ai la terreur d’être choisi“.
Nel 1930 entra all’Università Imperiale di Tōkyō per studiare letteratura francese, ma non frequenta le lezioni, assorbito dalla convivenza con Oyama Hatsuyo, geisha. A causa della separazione forzata dei due voluta dalla famiglia, il giovane Dazai tenta nuovamente il suicidio con un’altra donna, buttandosi nel mare di Kamakura. Lei muore e lui sopravvive: il trauma e il senso di colpa non lo abbandoneranno mai e il tragico evento sarà tema ricorrente in moltissime sue opere. In seguito la famiglia permette all’autore di sposare Hatsuyo, tuttavia la relazione amorosa ormai difficile e le pressioni dei familiari non fanno che creare ulteriore disperazione, tanto che l’autore pensa di nuovo al suicidio. La depressione è però l’ispirazione per la prima opera completa, Bannen (Gli ultimi anni, 1935), libro di buon successo con cui Dazai comincia a farsi notare anche dagli esponenti più in vista del panorama letterario dell’epoca. Storica la diatriba con il premio Nobel Kawabata Yasunari, secondo il quale l’eccessiva immoralità dell’autore offuscherebbe il suo stesso talento letterario. Il successo tuttavia non dà tregua a Dazai che, dopo l’ennesimo tentativo di suicidio, si ammala. Finita la riabilitazione dalla malattia, a causa della dipendenza da antidolorifici l’autore passa un traumatico periodo di ricovero in un ospedale psichiatrico. Tornato a Tōkyō scopre che Hatsuyo l’ha tradito, e dopo un tentato suicidio di coppia, i due si separano definitivamente. Dazai cade quindi vittima di una nuova depressione, e di un vuoto creativo che dura un anno e mezzo.
Grazie all’intervento dell’amico e scrittore Ibuse Masuji, Dazai si sposa Ishihara Michiko, con cui si trasferisce nel quartiere di Mitaka (Tōkyō) nel 1939. Questo per l’autore è l’inizio di un periodo apparentemente tranquillo e regolare, in cui torna a fluire il suo talento letterario. È in questo periodo che nascono opere dai tratti solari, tra cui il famoso racconto Joseito (La studentessa). La propensione di Dazai nel ritrarre la bellezza e l’intimità delle emozioni si sviluppa in una sorta di ribellione al clima storico e alla letteratura di propaganda che stava oscurando la scena culturale di quegli anni. Molti racconti fanno inoltre ricorso all’ambientazione classica sia occidentale in Hashire, Merosu! (Corri, Melos!), sia giapponese, come ad esempio in Otogi zōshi (Favole).
Durante gli ultimi anni della guerra Dazai si trasferisce con la famiglia prima a Yamanashi e poi a Tsugaru, ritornando a Mitaka avviene solo nel novembre 1946. Nelle opere di questo periodo – ad esempio Chichi (Padre) e Vion no tsuma (La moglie di Villon) – è evidente il forte disagio che l’autore prova nella posizione di marito e padre di famiglia, e che lo porta a diventare sempre più irresponsabile, dedito all’alcool e alle donne. In questi anni Dazai pubblica il celebre romanzo Shayō (Il sole si spegne), tratto dal diario di una delle sue amanti.
Ormai al picco della sua fama, Dazai nel 1948 scrive Ningen shikkaku, ultimo romanzo completo considerato anche suo testamento letterario ed emotivo. Prima ancora del termine della pubblicazione a puntate su rivista, Dazai si suicida insieme all’amante Yamazaki Tomie gettandosi nel fiume Tama, a Mitaka. Le ricerche continuano a lungo e i corpi vengono ritrovati solo il 19 giugno, giorno in cui l’autore avrebbe compiuto trentanove anni.

I critici concordano nell’affermare che lo stile di Dazai sia, insieme alle tematiche esistenziali, una delle chiavi del suo successo. La scrittura definita “in seconda persona” dà al lettore l’impressione che l’autore/narratore stia parlando direttamente con lui: in questo modo nel lettore cresce un senso di confidenza e di empatia, volto a creare l’illusione di essere “davanti a uno specchio“. Dazai dimostra anche un particolare talento nell’utilizzare voci narranti femminili.
Anche la concezione dell’essere umano e del proprio ego sono peculiari dell’autore. Dazai illustra l’impossibilità di essere felici nel mondo, la necessità di costruire maschere per sopravvivere, la natura egoista di chi ha successo, con un misto di arrendevolezza e passività assente in altri outsider più ribelli, come per esempio Sakaguchi Ango. Inoltre i richiami alla sua vita personale sono talmente numerosi che spesso si dà per scontato che ciò che viene narrato corrisponda a fatti realmente accaduti. Il mondo letterario di Dazai invece è una speciale commistione estetica di letteratura e vita in cui le due sfere non possono essere distinte in modo troppo netto. Si potrebbe sostenere che nei testi a carattere autobiografico l’autore cerchi di volta in volta di raccontare l’esperienza sublimandola attraverso la sua personale concezione letteraria e artistica.
La speciale impronta lasciata da Dazai nel panorama culturale è visibile persino in alcune espressioni ancora utilizzate nel linguaggio comune, a partire dall’espressione Shayōzoku (“la gente del sole calante” ovvero l’aristocrazia in estinzione), o la citazione Umarete sumimasen, “chiedo scusa di essere nato“, considerata una delle frasi più celebri dell’autore.
Dalle sue opere sono state trasposte con ampio successo di pubblico nei diversi media della cultura popolare, tra cui manga, anime, film per la tv e per il cinema.»


Di Elena Tessari è stata pubblicata recentemente anche la traduzione di uno dei racconti di Dazai Osamu, Le prime foglie di ciliegio e il flauto magico, traduzione che potrete leggere al link che segue: http://www.rivistaunaspecie.com/2014/04/25/prime-foglie-ciliegio-flauto-magico-dazai-osamu/

Per visualizzare l'articolo originale, seguite questo link: http://www.rivistaunaspecie.com/2014/04/04/lestasi-terrore-essere-dazai-osamu/#content
Per visitare il sito di Rivista!unaspecie seguite invece questo link: http://www.rivistaunaspecie.com/

mercoledì 15 gennaio 2014

Un sogno vero, di Laura Boerci


Anno di pubblicazione:  2013  (Ibiskos Editrice, Risolo)

Parliamo qui, per la seconda volta in questo blog, di un libro di Laura Boerci. Si tratta di una narrazione che sa unire semplicità e contenuti profondi e che, come sempre, saprà colpire e coinvolgere il lettore.
Riportiamo come presentazione la prefazione del libro, di Filippo Visentin (già coautore, insieme a Laura Boerci, di I colori del buio).
Seguono una nota biografica sull'autrice e un invito.

Presentazione
Amore e disabilità: due termini che la nostra odierna società, così apparentemente evoluta, ma nel contempo saldamente aggrappata ai suoi stereotipi, il più delle volte stenta ancora a coniugare ed elaborare con la dovuta serenità ed apertura.
La storia che Laura Boerci narra in questa favola, con la leggerezza che da sempre caratterizza i suoi scritti, ci conduce, quasi prendendoci per mano, nel luogo dell'anima più enigmatico e seducente per eccellenza: l'Amore.
Ed è forse proprio questo sentimento, percorso ed esplorato con lucida schiettezza, ma anche con senso di meraviglia, ad essere il vero protagonista: amore come crescita e ricerca di sé, come condivisione esistenziale ed emotiva, come consapevolezza della propria presenza nel mondo.
Con una scrittura semplice ed essenziale, disarmante nella sua straordinaria efficacia, l'autrice affronta con grande maestria narrativa il tema complesso della disabilità e delle sue implicazioni nella vita reale.
Ci addentriamo così nel territorio  delicato e non privo di insidie, del rapporto genitori/figli, con le sue dinamiche relazionali ed affettive, le sue contraddizioni e le sue fragilità. Rapporto che ancor più, d'innanzi alla presenza dell'handicap, spesso finisce con l'alterare il proprio equilibrio, sfociando in atteggiamenti di iper protettività, paure e gelosie da parte di padri e madri, laddove invece, nei figli vi è soltanto la ricerca di una propria identità in un tutt'altro che facile cammino di edificazione personale e di emancipazione.
Scorrendo le righe di questa breve favola, ci si lascia volentieri rapire e conquistare, grazie anche alle illustrazioni, tutte disegnate a bocca da Laura, da un paesaggio incantato, così come dalla simpatia e profondità dei protagonisti.
Splendida sul piano creativo la scelta di voler abbinare al libro, anche il CD della bella canzone "Tu sei speciale", composta e interpretata da Umberto Fortunato, musicista, nonché compagno di Laura.
                                                          Filippo Visentin

Nota biografica
Laura Boerci è nata nel 1969 a Milano. Nel 1996 ha conseguito la Laurea in Scienze Politiche, indirizzo sociologico. L'anno successivo ha dato inizio alla sua carriera di autrice e regista teatrale, fondando la Compagnia Legamani per la quale ha scritto 18 commedie rappresentate in diverse regioni d'Italia. Nel 2007 ha pubblicato per Ibiskos il suo primo romanzo L'Aura di tutti i giorni, giunto alla sua quinta edizione, e nel 2009 I colori del buio, scritto con il pianista padovano Filippo Visentin.
Affetta da atrofia spinale, una malattia totalmente invalidante, ama affrontare le sfide con grinta e scoprire ogni giorno i colori della vita, che poi immortala nei suoi quadri dipinti a bocca. E' Assessore presso il comune di Zibido S. Giacomo (Mi), dove risiede, e gestisce il Mi-Rò, un circolo culturale molto amato dai musicisti blues e jazz della Lombardia.
Da novembre 2012 collabora con Striscia la Notizia, vestendo i panni dell'inviata a spinta con Max Laudadio.

Per concludere, invitiamo chi ha la possibilità di parteciparvi, alla presentazione del libro Un sogno vero, che si terrà a Padova il prossimo sabato 18 Gennaio, alle ore 17.30, presso il Tea Room Sottosopra, in via XX Settembre 77. Si avrà così la possibilità di conoscere personalmente l'autrice e la sua opera attraverso le sue stesse parole.
L'evento è patrocinato dal Gruppo Giovani di Padova dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS.