Per voi un blog dedicato interamente ai Libri: libri antichi, moderni, contemporanei, divertenti, impegnati, di ogni genere e argomento. Un blog dedicato, però, anche a ciò che va oltre i libri, a ciò che da essi scaturisce: idee, sentimenti, riflessioni e tutto quello che, dalla notte dei tempi ai nostri giorni, ha sempre spaventato i dittatori, i fanatici e gli ipocriti ed ha sempre fatto progredire la civiltà e la libertà interiore di ogni individuo.
Citazione della settimana
CITAZIONE DELLA SETTIMANA
"...una volta che sai cos'è la cosa che vuoi che sia vera, l'istinto è un mezzo molto utile per metterti nelle condizioni di sapere che è vera."
(da Douglas Adams, Addio, e grazie per tutto il pesce; Milano, Mondadori, 1986)
sabato 8 dicembre 2012
I colori del buio, di L. Boerci e F. Visentin
Anno di pubblicazione: 2009
(Ibiskos Editrice, Risolo)
I colori del buio, di Laura
Boerci e Filippo Visentin, è un romanzo davvero unico, capace di far vedere
e capire una realtà che troppi, incredibilmente, ancora oggi ignorano e
travisano.
Riportiamo di seguito, come presentazione, una
parte significativa della bellissima prefazione del libro, scritta da Daniela
Floriduz.
«È la primavera del 1948. L'Italia, nella decisiva
tornata elettorale del 18 aprile, si appresta a consegnare il proprio futuro a
"due opposte Chiese": quella comunista e quella cattolica. La Grande
Storia irrompe nel microcosmo rurale di Badile, borgo situato a una decina di
chilometri da Milano. La vita di quella piccola comunità, scandita dal ritmo
eterno delle stagioni e dei riti religiosi, registra con sgomento e stupore il
"nuovo che avanza": i giovani avvertono la presenza di un futuro che
preme, incalzante, inducendoli a coltivare speranze di riscatto sociale, di una
vita diversa da quella dei padri; le donne sono chiamate a nuove responsabilità
politiche, sono combattute fra la fissazione tradizionale del loro ruolo e il
desiderio di affermare se stesse e si interrogano su un domani, reso incerto
dalla guerra appena conclusa, dalla miseria imperante.
[...]
Badile è cifra, metafora di altrettanti paesini
adagiati sulle campagne del Lombardo-Veneto, dove la povertà impone la sua ferrea
legge di stenti e ristrettezze, attivando meccanismi di solidarietà, di
vicinato, ma anche attizzando pregiudizi atavici, nutriti di pettegolezzo
paesano.
Su questo sfondo, campeggia la storia di Sergio e
Marta, una storia che potremmo definire come la traduzione concreta, affettiva,
di ciò che comunemente va sotto il nome di integrazione sociale. I due
protagonisti, infatti, ben lungi dal rappresentare esclusivamente se stessi,
permettono di mettere in scena da un lato il pregiudizio di classe, dall'altro
la disabilità, in particolare quella visiva. Potrà mai sorgere una storia
d'amore tra una contadina ed un ricco borghese, colpito alla nascita dalla
cecità? È una domanda che risuona con accenti immutati anche oggi, quando tante
barriere si sono sgretolate, anche per effetto dei mass-media, che hanno
contribuito, in parte, ad avvicinare le persone, ad estirpare l'ignoranza.
Eppure, anche nelle nostre società cosiddette evolute, è ancora necessario
abbattere innumerevoli cliché fossilizzati che, rendendo miopi gli occhi delle
menti, impediscono di osservare le persone per ciò che sono, al di là delle
loro caratteristiche esteriori. Anche oggi la "diversità" genera
timore, non curiosità e viene vista e vissuta come un limite, non tanto come
una forma di arricchimento, forse per il disagio inconsapevole che impedisce a
molti di guardarsi dentro, per la paura di incontrare quell'alterità profonda
che abita dentro ad ognuno, alterità con la quale la frenesia della vita
quotidiana vieta di fare concretamente e seriamente i conti. L'incontro tra
Marta e Sergio è descritto senza accenti di retorica e di pietismo, due tonalità
che accade assai di frequente di incontrare oggi, in una società che vive di
strumentalizzazioni, inducendo di frequente a distogliere lo sguardo dal nucleo
essenziale, problematico e stimolante della disabilità. [...] Dopo l'incontro,
qualunque ne sia l'esito, Marta e Sergio sono entrambi mutati nel profondo,
cresciuti, diventati migliori. Per entrambi, si tratta di una scuola di
emozioni di rara intensità, che conferisce significato e pregnanza ad una vita,
resa grigia dalla miseria da un lato, dall'ingiustizia ottusa della forzata
solitudine dall'altro. Un romanzo di formazione, che descrive il sogno di non
finire con le spalle al muro dopo essere stati espropriati di un futuro
autentico, personale, autonomo, da un destino già assegnato alla nascita. [...]»
venerdì 26 ottobre 2012
Il Maestro e Margherita, di Michail Bulgakov
Anno di
pubblicazione (prima edizione russa non censurata): 1969, Francoforte sul Meno
Titolo russo
originale (traslitterato): Master i Margarita
Un capolavoro
imperdibile...
Siamo
in primavera e a Mosca compaiono alcuni strani personaggi. Il professor Woland,
un mago dallo sguardo inquietante, si è recato infatti nella città russa per alcuni spettacoli, accompagnato dai
suoi collaboratori: un brutto ceffo dalla cui bocca spunta una zanna, un gatto
parlante e piuttosto irritabile di dimensioni abnormi, una cameriera forse troppo
fredda per essere viva e uno spilungone decisamente sgradevole e perfido, che
porta un vestito a quadretti e un paio di occhiali a molla con una lente
incrinata ed una mancante.
Il
bizzarro quintetto si trasferisce, non invitato, all'appartamento numero 50 di
via Sadovaja e tutti coloro che hanno la sfortuna di averci a che fare
scompaiono nel nulla o finiscono per impazzire. Durante il primo spettacolo del
mago, inoltre, si verificano fenomeni inspiegabili: gli astanti, per esempio,
ricevono in dono abiti di lusso e grandi quantità di denaro che, però, si
dissolvono nel nulla poco tempo dopo l'uscita dal teatro. Woland, infatti, non
è altri che il diavolo, che, venuto a Mosca per festeggiare il plenilunio di
primavera, si diverte a giocare con i vizi degli esseri umani.
Perché
il festeggiamento si svolga regolarmente, è necessario che una Margherita vi
prenda parte nelle vesti di padrona di casa. Le vicende di Woland e del suo
seguito, così, vengono ad intrecciarsi con quelle di una giovane donna
moscovita che porta il nome richiesto dalle circostanze e che, disperata per la
scomparsa del suo innamorato (il Maestro del titolo, autore di un romanzo
maledetto su Ponzio Pilato), sperando di poterlo ritrovare, accetta volentieri
il ruolo che le viene offerto.
Ciò
che accade in seguito dà ragione alla sua scelta: il diavolo non è, per così
dire, brutto come lo si dipinge e, anzi, sa dimostrarsi molto più generoso di
quanto ci si potrebbe aspettare. Anche il suo seguito si rivela infondo
un'allegra brigata, ravvivata dallo spirito stravagante del gatto, il giullare
di corte. Il finale, però, rivela ancora imprevedibili colpi di scena.
Il
Maestro e Margherita, romanzo ricco di ironia e caratterizzato da una
straordinaria fantasia e da un gusto raffinatissimo per il surreale e il
grottesco, rappresenta un capolavoro assoluto della letteratura di sempre e
l'opera in cui maggiormente si esprime il genio di Michail Bulgakov, al solito
autobiografico e satirico nei confronti della società sovietica contemporanea.
Gridoux
mercoledì 6 giugno 2012
Prigionieri del paradiso, di Arto Paasilinna
Anno di pubblicazione (edizione
originale): 1974
Titolo finlandese originale: Paratiisisaaren vangit
Come un topos letterario può
diventare un viaggio interiore, velato da una sottile ironia.
Un aereo che trasporta per conto dell'ONU
personale medico e tecnico, colpito da una tempesta mentre sorvola il Pacifico,
è costretto ad un ammaraggio di fortuna al largo della Melanesia. L'equipaggio
inglese e i passeggeri, un insieme composito di ostetriche e boscaioli
finlandesi, infermiere svedesi e medici di varie nazionalità scandinave, a cui
si aggiunge il giornalista che narra i fatti in prima persona, approdano su
un'isola apparentemente deserta e inospitale.
Nei primi tempi, in effetti, la vita
sull'isola risulta davvero ostica per i naufraghi civilizzati, e il problema
principale è il cibo. Col tempo, però, essi imparano a muoversi nella foresta,
a costruire abitazioni confortevoli, a cacciare e a pescare, riuscendo persino
a creare una sorta di frigorifero naturale in cui conservare il cibo in
eccesso.
Ben presto costituiscono, per necessità di
sopravvivenza, un sistema "politico" con regole da rispettare e
responsabili nominati democraticamente, e basano la propria convivenza
sull'aiuto reciproco e la condivisione delle risorse disponibili. Con gli abiti
superflui e il pudore, decadono anche tante inutili convenzioni e barriere interpersonali.
La comunità convive pacificamente, tranne che per qualche episodio isolato, e
nascono molti amori.
Per tanti dei naufraghi, in fin dei conti,
la situazione diventa davvero paradisiaca, tanto che, quando finalmente, dopo
molti mesi, riescono ad ottenere aiuto, molti di essi cercano di sottrarsi al
salvataggio e ad una vita "normale" che ormai vedono come una
sgradevole costrizione.
La vicenda narrata da Paasilinna può
essere forse utopica, ma avventurarvisi (specie se la si legge tutta d'un
fiato) significa avere la sensazione di viverla insieme ai suoi protagonisti,
per quello che non è solo un viaggio lontano dalla solita routine e dalla
propria quotidianità, ma anche un'esperienza esistenziale, che apre squarci di
consapevolezza sul proprio modo di vivere e che lascia dentro indubbiamente
molta nostalgia.
Arto Paasilinna (autore finlandese nato a
Kittilä nel 1942) è il creatore del genere del romanzo umoristico-ecologico. I
suoi romanzi (tra cui L'anno della lepre, del 1975, Il
mugnaio urlante, del 1981, Il figlio del dio del tuono,
del 1984, e molti altri) offrono sempre una visione della vita molto diversa da
quella a cui si è abituati, proponendo, attraverso le vicende vissute dai
personaggi, altri modelli e approcci, che, anche quando non li si voglia
mettere in pratica, forniscono pur sempre un interessantissimo metro di
paragone per giudicare la propria quotidianità, metterla in discussione e
comprenderne i limiti.
Gridoux
martedì 20 marzo 2012
Il ventaglio, di Carlo Goldoni
Commedia in tre atti.
Prima rappresentazione nella versione definitiva: 1765 (Venezia)
La commedia è in lingua italiana.
La commedia si svolge nel contado milanese, all'aperto, nella piazzetta antistante alle case dei personaggi.
il signor Evaristo è innamorato di Candida, che lo ricambia, mentre Giannina, una contadina, ama, anch'essa ricambiata, Crespino, il calzolaio, ma è stata promessa dal fratello a Coronato, l'oste. Tra gli altri personaggi spiccano Susanna, una merciaia pettegola, e il conte di Rocca Marina (nel testo Roccamonte), un nobile decaduto, vezzoso e con la testa tra le nuvole, che si dà arie di superiorità, ma che si mostra meschino e scroccone e si presta fin troppo bene alle prese in giro e agli scherzi degli altri personaggi.
La situazione con cui si apre la commedia si complica quando il ventaglio di Candida si rompe ed Evaristo, cavallerescamente, pensa di comprarne uno nuovo dalla merciaia; non si fida, però, a consegnarlo all'amata di persona, perché teme il giudizio della zia di lei. Così lo affida di nascosto a Giannina, perché lo consegni al posto suo. Il gesto furtivo, però, viene notato, frainteso, e finisce per suscitare la gelosia sia di Candida che dei pretendenti di Giannina.
Tra zuffe, litigi, cuori infranti e ripicche amorose, la commedia si svilupperà intorno al ventaglio, che, di volta in volta perso, trovato, rubato e regalato, passerà di mano in mano, fino a tornare in quelle di colei a cui era destinato, per il lieto fine che chiarirà tutti i malintesi e appianerà tutte le dispute.
Si è detto spesso che i personaggi che animano il complicato intreccio di questo dramma mancano di profondità psicologica. Alcuni di essi, però, non sono privi di interesse ed originalità.
La figura caricaturale del conte, per esempio: il nobile decaduto è la vera e propria maschera di se stesso, con i suoi atteggiamenti, la sua presunta autorità e il suo altrettanto presunto controllo della situazione, tutti fattori che, inconsistenti come sono, contribuiscono a metterlo in ridicolo. Molto concreti e pugnaci, al contrario, sono gli atteggiamenti di Giannina, sempre diretta, irriverente e ribelle a quelli che, come il fratello, i pretendenti e il conte, vorrebbero farla sottostare alla loro autorità: è una delle tante figure di donna intelligente e indipendente che Goldoni tratteggia nelle sue commedie.
Del tutto rarefatto, invece, appare Evaristo nel suo ruolo di innamorato. Ma, nonostante l'apparente inconsistenza del suo sentimento per Candida, e nonostante l'atmosfera scherzosa e comica delle situazioni, traspaiono in qualche caso sprazzi di autentico sentimento: messo in risalto proprio dal carattere opposto del contesto, emerge da alcune frasi l'amore che si fa anteporre a qualunque somma di denaro e che fa dire ad Evaristo: "Sì per giustificarmi presso dell'idol mio farei sagrifizio del mio sangue medesimo, se abbisognasse."
Goldoni (1707-1793) fece rappresentare una prima versione de' Il ventaglio a Parigi nel 1763. Fu un insuccesso e, perciò, il drammaturgo decise di modificare la commedia (nel novembre del 1764) e di inviarla in questa nuova forma all'amico Francesco Vendramin, che la fece rappresentare nel 1765 al teatro San Luca di Venezia con un discreto successo.
Bob
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sabato 25 febbraio 2012
Trilussa: biografia e opere
Poeta romanesco
Roma, 26 ottobre 1871 - Roma, 21 dicembre 1950
Carlo Alberto Salustri, che scelse di scrivere con lo pseudonimo di Trilussa (anagramma del suo cognome), nacque a Roma nel 1871.
Rimasto molto presto orfano di padre, fu costretto ad una vita di ristrettezze e non riuscì a compiere con successo gli studi. Molto giovane (vale a dire dal 1887) poté però coronare il suo sogno di collaborare con il giornale romanesco Rugantino, adottando gli pseudonimi di Trilussa per le poesie e di Marco Pepe per gli articoli in prosa. Nel 1889, mettendo insieme alcune poesie dedicate alle belle donne della capitale, scritte per il giornale, pubblicò la sua prima raccolta, Stelle de Roma.
Ormai popolare, collaborò in seguito con il Messaggero e con il Don Chisciotte di Gandolin, con articoli di cronaca, parodie e poesie che avevano come medesimo oggetto la vita quotidiana e mondana di Roma. Altre pubblicazioni, avvenute nel 1895 e 96 e poi lungo tutto il primo decennio del '900, accompagnate da fortunatissime letture pubbliche, consacrarono sempre più la sua celebrità nella capitale e in tutta Italia.
Nel 1919, in Lupi e agnelli, si pose in modo critico verso la prima guerra mondiale e verso le conseguenze e i danni che provocava alla gente, senza trascurare di fare satira sui suoi entusiastici sostenitori da bar. Anche con l'avvento del fascismo, non rinunciò a dire la sua e a criticare, sebbene lo facesse in modo indiretto, limitandosi a ironizzare su atteggiamenti generali, senza entrare in genere nel particolare delle circostanze storiche.
Nel 1945 uscì la sua ultima raccolta di poesie, Acqua e vino, in cui traspare l'atmosfera cupa del periodo di guerra e barbarie appena trascorso. Morì il 21 dicembre 1950, in ristrettezze economiche e malato di asma, venti giorni dopo essere stato nominato senatore a vita.
Trilussa si inserisce, con la sua poesia, nella tradizione dei grandi poeti romaneschi di '800 e '900 (Belli, Pascarella, Zanazzo), ma riesce a rendere la propria opera più agevolmente comprensibile anche al di fuori della capitale, poiché ricorre ad un linguaggio meno popolare e dialettale, che, seppur spontaneo e vitale, è piuttosto un italiano con forti tratti romaneschi.
Anche la Roma che fa protagonista delle sue poesie è poco caratterizzata e può simboleggiare qualunque città, con la sua vita popolana e mondana. Trilussa descrive questa vita e fa della satira pungente sugli atteggiamenti, sulle debolezze e sui sentimenti della gente che la anima. Prende di mira i pregiudizi e le ipocrisie, le fazioni politiche, nessuna esclusa, e un po' tutti i ceti sociali (dal commerciante alla contessa, dalla cartomante all'usuraio). I suoi componimenti, comici e scettici, satirici e sentimentali, vanno al di là della sua epoca e possono essere usati tutt'oggi per commentare fatti politici, aspetti sociali e atteggiamenti di costume che sono probabilmente senza tempo.
Gli animali che tradizionalmente popolano le favole diventano spesso protagonisti delle sue poesie, come caricature ideali dell'umanità che vuole rappresentare. Trilussa si inserisce, così, nella tradizione favolistica di Esopo, Fedro e La Fontaine, ma con uno stile diverso e personale. Per lo stesso motivo, richiama anche gli animali personificati del Pinocchio di Collodi, mentre per la stoccata satirica finale di molte poesie, oltre che per gli argomenti trattati, ricorda certamente Marziale.
Tra le molte opere di Trilussa, spesso riedite più volte, ricordiamo Stelle de Roma (1889), Quaranta sonetti romaneschi (1895), Caffè-concerto (1901), Favole romanesche (1901), Er serrajo (1903), Sonetti romaneschi (1906), Ommini e bestie (1914), Lupi e agnelli (1919), Giove e le bestie (1932), Acqua e vino (1945).
L'edizione completa delle sue poesie fu pubblicata per la prima volta nel 1954 da Mondadori col titolo Tutte le poesie di Trilussa. La stessa casa editrice ha riedito la raccolta anche di recente, nel 2004. Un'altra edizione è quella della Newton Compton: "Trilussa, Poesie, a cura di C. Rendina, Roma, 2011".
Gridoux
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lunedì 23 gennaio 2012
Pulp, di Charles Bukowski
Anno di pubblicazione (edizione originale): 1994
Titolo inglese originale: Pulp
Una parodia del genere pulp, ma non solo, e un saluto ironico e disilluso al XX secolo.
Nick Belane è l'investigatore più dritto di Los Angeles, ma si fa per dire. Cinquantacinquenne divorziato e un po' depresso, senza soldi e pieno di debiti, col vizio dell'alcol e dei cavalli e con uno spiccato interesse per l'universo femminile, è in sostanza la proiezione di Bukowski stesso.
Belane cerca di sbarcare il lunario attraverso la sua attività di investigatore privato, ma sembra dedicarsi più volentieri al bere e alle scommesse. All'inizio del romanzo, però, si trova a dover risolvere quattro casi piuttosto curiosi. Il primo gli viene affidato dall'attraente Signora Morte, che vuole scoprire se Celine (l'autore filonazista di Viaggio al termine della notte) sia riuscito a sfuggirle. Gli altri casi riguardano un marito geloso, una strana invasione di alieni e il misterioso Passero Rosso, che un certo John Barton (apparentemente un pezzo grosso) gli chiede di cercare.
Tra indagini, pedinamenti, bevute, risse ed episodi davvero esileranti, Belane, assillato dai suoi creditori e raggirato da una banda di similmafiosi, riuscirà a portare a termine, più o meno felicemente e in modo non molto convenzionale, tutti gli incarichi, trovando infine, in una situazione inaspettata quanto spiacevole, anche il tanto assurdamente cercato Passero Rosso.
Nel suo ultimo romanzo (uscito postumo), Charles Bukowski si proietta nel personaggio di Belane, che eredita così i vizi e il carattere che contraddistinguono l'autore negli scritti più apertamente autobiografici. Attraverso la figura dell'investigatore, burbero e cinico, ma profondamente umano, traspaiono la figura dello scrittore e la sua visione ormai disillusa e un po' malinconica della vita e della società che lo circonda. Ma, accanto a questo fondo di amarezza, il romanzo è percorso da una vivace e costante ironia, rivolta prima di tutto agli stereotipi del genere pulp e poliziesco, ma anche a tutte le vicende e gli atteggiamenti umani in cui la narrazione si imbatte, a partire da quelli del protagonista (controfigura dell'autore).
La prospettiva autoironica e il carattere di Bukowski si riflettono anche nella raffigurazione che lo scrittore, nel romanzo con cui saluta i suoi lettori, fa della morte, una donna bellissima, fredda e severa, che lo guarda con simpatia e con un po' di commiserazione.
Oltre a Pulp, Charles Bukowski (1920-1994), scrittore statunitense di origine polacca nato in Germania, ci ha lasciato altri cinque romanzi, tra cui Post Office (1971) e Factotum (1975), otto raccolte di racconti, tra cui Storie di ordinaria follia (1972), nonché moltissimi libri di poesie e alcuni altri scritti di prosa (come il diario Il capitano è fuori a pranzo (1998).
G&J
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mercoledì 4 gennaio 2012
Le metamorfosi, o L'asino d'oro, di Lucio Apuleio
Periodo di stesura dell'opera: II secolo d.C.
Titolo latino originale: Metamorphoseon libri
Le metamorfosi di Apuleio, opera ribattezzata L'asino d'oro da Agostino, che volle così sottolinearne il pregio letterario, rappresentano uno dei testi più importanti della prosa latina imperiale e raccontano un viaggio esistenziale prima ancora che geografico, che si svolge nei territori dell'Impero romano del II secolo d.C. e che unisce in un racconto avvincente la magia, l'avventura, la vita quotidiana della Roma coeva e la comicità di innumerevoli vicende ed episodi.
La storia ha inizio con il protagonista, Lucio, che si reca in Tessaglia, terra tradizionalmente legata alla magia. E infatti egli non tarda a scoprire che la moglie del ricco avaro che lo ospita è una maga, dedita a incantesimi e pratiche stregonesche. Una sera, avendola spiata mentre si trasforma in gufo, decide, con l'aiuto della serva di lei, di tentare a sua volta la trasformazione. Il tentativo, però, non va completamente a buon fine e Lucio si ritrova trasformato in un asino.
Da qui inizia una lunga avventura alla ricerca delle rose fresche che permetteranno al protagonista di ridiventare uomo, sciogliendo il sortilegio. Molte volte l'asino arriverà vicino allo scopo, ma troverà sempre un ostacolo al suo raggiungimento: le bastonate del guardiano della stalla, i briganti che lo rapiranno portandolo lontano, e così via. Soltanto dopo un lungo percorso di espiazione, attraverso cui verrà punito per la sua eccessiva curiosità, e soltanto dopo che avrà chiesto l'aiuto della dea Iside, potrà finalmente riacquistare la sua natura di uomo.
Le metamorfosi si concludono con Lucio che viene avviato ai misteri del culto di Iside e Osiride, termine mistico del percorso di redenzione che ha caratterizzato la vicenda narrata.
In questo suo capolavoro, Apuleio, lasciando sullo sfondo la vicenda mistica, trasporta il lettore nella sua epoca e gli fa vivere gli aspetti più quotidiani della Roma imperiale, coinvolgendolo in una narrazione avventurosa e divertente, ricca di spunti comici e brevi digressioni che ricordano spesso le novelle più maliziose e ironiche di Boccaccio e che infatti in un paio di casi vennero riprese anche all'interno del Decameron.
Un'eccezione è costituita dalla favola di Amore (il dio Eros) e Psiche (fanciulla che impersona l'anima), essendo tale digressione molto estesa e particolarmente legata al senso dell'opera, in quanto narra, con chiaro significato allegorico, il percorso di espiazione che Psiche, punita per la propria curiosità, deve compiere per riconquistare Amore.
Di Lucio Apuleio, scrittore, filosofo e oratore romano nato nel 125 d.C. a Madaura, nell’odierna Algeria, ci restano anche alcune opere filosofiche e retoriche, tra cui il Pro se de magia liber, l’apologia che scrisse per difendersi da un’accusa di empietà.
Il tema delle metamorfosi è presente in altre celebri opere antiche e moderne. Ovidio, diversamente da Apuleio, se ne serve per narrare i principali miti del mondo classico (caratterizzati molto spesso da trasformazioni). Più vicina all'Asino d'oro è, invece, La metamorfosi di Franz Kafka, nel senso che coinvolge l'individuo e la sua interiorità, anche se è completamente diverso il significato della trasformazione (in Kafka priva di ogni senso mistico o provvidenziale e non reversibile). La stessa vicenda dell'Asino d'oro è poi narrata, ma con un significato ancora diverso, sebbene le vicende per lo più coincidano, anche nell’opera quasi contemporanea Lucio o l’asino, attribuita al retore e scrittore greco Luciano di Samosata. Da quest'ultima opera Dario Fo ha tratto uno dei suoi monologhi teatrali.
Gridoux
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