Per voi un blog dedicato interamente ai Libri: libri antichi, moderni, contemporanei, divertenti, impegnati, di ogni genere e argomento. Un blog dedicato, però, anche a ciò che va oltre i libri, a ciò che da essi scaturisce: idee, sentimenti, riflessioni e tutto quello che, dalla notte dei tempi ai nostri giorni, ha sempre spaventato i dittatori, i fanatici e gli ipocriti ed ha sempre fatto progredire la civiltà e la libertà interiore di ogni individuo.
Citazione della settimana
CITAZIONE DELLA SETTIMANA
"...una volta che sai cos'è la cosa che vuoi che sia vera, l'istinto è un mezzo molto utile per metterti nelle condizioni di sapere che è vera."
(da Douglas Adams, Addio, e grazie per tutto il pesce; Milano, Mondadori, 1986)
lunedì 15 dicembre 2014
Fumo negli occhi, di Faele e Romano
Commedia in due atti.
Siamo nell'Italia del boom economico, negli anni
'60. La famiglia Brandolini (marito, moglie, figlia, figlio, nonno e domestica)
cerca di acquisire con fatica i nuovi status symbol del benessere in arrivo, ma
può permettersi a stento un giradischi e poco altro. I vicini di casa, i De
Marchi, fanno invece sfoggio di tutti i nuovi oggetti e mezzi del progresso,
nonostante il signor De Marchi sia un semplice impiegato di banca, al contrario
del signor Brandolini, suo capoufficio.
Chi non riesce a sopportare questa situazione è Teresa,
la signora Brandolini, per la quale l'apparenza a livello sociale conta più di
ogni altra cosa. Così, la donna costringe il marito Carlo ad acquistare
l'antenna di una televisione che non possiede, per esporla alla vista degli
odiati vicini, fa imitare ai famigliari il suono di un'inesistente
aspirapolvere e munisce la sua casa del quadro di un improbabile antenato,
esposto anch'esso in modo che i dirimpettai possano notarlo. I suoi sforzi,
però, non trovano la comprensione del marito e degli altri esponenti della
famiglia, i quali collaborano malvolentieri e fanno dell'ironia sulle sue
scelte, mancando spesso di rispetto al lugubre quadro dell'avo da poco
acquisito.
Dopo l'acquisto di un'automobile da parte dei vicini,
cosa che inviperisce ancor più la signora Brandolini, la situazione precipita ulteriormente
quando la signora De Marchi comunica che trascorrerà col marito il weekend in
costa Azzurra. A questo punto Teresa,, quanto mai indispettita, non volendo
sembrare da meno, millanta di fronte alla vicina un fine settimana a Capri.
Da qui nasce per i Brandolini la necessità di
trascorrere il sabato e la domenica nascosti in casa, al buio. Questa scelta
obbligata, oltre a portare al limite l'esasperazione del signor Brandolini per
la fissazione della moglie, produrrà ulteriori gag e situazioni tanto comiche
quanto insostenibili. Alla fine, però, anche gli armadi dei De Marchi
lasceranno emergere i loro scheletri, il fumo dell'apparenza verrà dissipato e la
verità avrà la sua rivincita, insieme alla dignità di una vita onesta.
Questo è il senso di una commedia piacevole e
divertente, capace, nonostante il tempo trascorso dai fatti rappresentati, di
far riflettere su di un tema molto attuale, tanto più oggi che siamo nel pieno
della società dello spettacolo e dell'apparire che prevale sull'essere.
Questa recensione fa riferimento alla
versione di Fumo negli occhi interpretata
nel 2014 da 'I Sedegot', compagnia di attori amatoriali ma davvero abili e
notevoli nel dare vita a rappresentazioni sempre molto piacevoli.
Gridoux
Etichette:
Commedia,
Faele e Romano,
Fumo negli occhi,
Letteratura italiana,
Recensioni,
Teatro
lunedì 2 giugno 2014
Dazai Osamu: biografia e opere
Proponiamo di seguito un interessante excursus
nella letteratura giapponese, con un articolo di Elena Tessari, pubblicato
recentemente sulla rivista online Rivista!unaspecie ed incentrato sulla vita e le
opere assai peculiari ed originali dell'autore Dazai Osamu.
«L’estasi e
il terrore di essere Dazai Osamu
articolo di
Elena Tessari
Dazai Osamu fa parte di quel gruppo di autori della
prima metà del Novecento giapponese definiti outsider. Sebbene non siano molto
famosi e letti in Italia, grazie alla loro originalità e incisività continuano
ad avere un gran numero di lettori e di appassionati in patria. A sessant’anni
dalla morte, Dazai continua ad essere uno degli autori più letti – il suo Ningen shikkaku (Lo squalificato, 1948),
è il secondo romanzo più venduto dopo Kokoro
(Il cuore delle cose, 1914) di Natsume Sōseki – e a radunare ogni anno
moltissimi ammiratori per gli anniversari di nascita e di morte.
Tsushima Shūji, in arte Dazai Osamu, nasce il 19
giugno 1909 a Kanagi, nella prefettura di Aomori, nel nord del Giappone. È il
sesto figlio maschio di una ricca famiglia di proprietari terrieri. Il padre è
deputato presso la Camera bassa della Dieta, impegno che lo trattiene spesso a
Tōkyō.
Si può dire che sia proprio la famiglia di Dazai a
determinare la sua scelta di outsider: da un lato l’essere il figlio più
piccolo lo fa sentire insignificante dal punto esistenziale e affettivo,
d’altro canto la sua appartenenza a una famiglia altolocata è motivo del suo
forte orgoglio e narcisismo. Questo amore/odio per la sua situazione familiare
lo porta a una scelta di vita singolare: operare per gli altri, senza seguire
il naturale egoismo umano della sopravvivenza. Dazai si erge perciò a
portabandiera e paladino di chi fatica a vivere nella società. Lo strumento
principe della sua missione è la letteratura: nel 1925 infatti decide di
diventare scrittore, e inizia a pubblicare i suoi primi tentativi letterari su
riviste auto prodotte insieme ai compagni di scuola. Nel 1927, studente di un
istituto superiore, inizia a vivere da solo adottando uno stile “decadente” e
avvicinandosi al movimento comunista, al tempo illegale. Le sue origini
altolocate e la sua cattiva salute gli impediscono di essere in prima linea: è
questo il movente del suo primo tentativo di suicidio, da lui considerato come
unico “servizio alla società” possibile. È illuminante, da questo punto di
vista, la citazione da Sagesse di
Paul Verlaine che appare all’inizio del racconto Ha (Foglie, 1934): “J’ai l’extase et j’ai la terreur d’être
choisi“.
Nel 1930 entra all’Università Imperiale di Tōkyō
per studiare letteratura francese, ma non frequenta le lezioni, assorbito dalla
convivenza con Oyama Hatsuyo, geisha. A causa della separazione forzata dei due
voluta dalla famiglia, il giovane Dazai tenta nuovamente il suicidio con
un’altra donna, buttandosi nel mare di Kamakura. Lei muore e lui sopravvive: il
trauma e il senso di colpa non lo abbandoneranno mai e il tragico evento sarà
tema ricorrente in moltissime sue opere. In seguito la famiglia permette
all’autore di sposare Hatsuyo, tuttavia la relazione amorosa ormai difficile e
le pressioni dei familiari non fanno che creare ulteriore disperazione, tanto
che l’autore pensa di nuovo al suicidio. La depressione è però l’ispirazione
per la prima opera completa, Bannen
(Gli ultimi anni, 1935), libro di buon successo con cui Dazai comincia a farsi
notare anche dagli esponenti più in vista del panorama letterario dell’epoca.
Storica la diatriba con il premio Nobel Kawabata Yasunari, secondo il quale
l’eccessiva immoralità dell’autore offuscherebbe il suo stesso talento
letterario. Il successo tuttavia non dà tregua a Dazai che, dopo l’ennesimo
tentativo di suicidio, si ammala. Finita la riabilitazione dalla malattia, a
causa della dipendenza da antidolorifici l’autore passa un traumatico periodo di
ricovero in un ospedale psichiatrico. Tornato a Tōkyō scopre che Hatsuyo l’ha
tradito, e dopo un tentato suicidio di coppia, i due si separano
definitivamente. Dazai cade quindi vittima di una nuova depressione, e di un
vuoto creativo che dura un anno e mezzo.
Grazie all’intervento dell’amico e scrittore Ibuse
Masuji, Dazai si sposa Ishihara Michiko, con cui si trasferisce nel quartiere
di Mitaka (Tōkyō) nel 1939. Questo per l’autore è l’inizio di un periodo
apparentemente tranquillo e regolare, in cui torna a fluire il suo talento
letterario. È in questo periodo che nascono opere dai tratti solari, tra cui il
famoso racconto Joseito (La
studentessa). La propensione di Dazai nel ritrarre la bellezza e l’intimità
delle emozioni si sviluppa in una sorta di ribellione al clima storico e alla
letteratura di propaganda che stava oscurando la scena culturale di quegli
anni. Molti racconti fanno inoltre ricorso all’ambientazione classica sia
occidentale in Hashire, Merosu!
(Corri, Melos!), sia giapponese, come ad esempio in Otogi zōshi (Favole).
Durante gli ultimi anni della guerra Dazai si
trasferisce con la famiglia prima a Yamanashi e poi a Tsugaru, ritornando a
Mitaka avviene solo nel novembre 1946. Nelle opere di questo periodo – ad
esempio Chichi (Padre) e Vion no tsuma (La moglie di Villon) – è
evidente il forte disagio che l’autore prova nella posizione di marito e padre
di famiglia, e che lo porta a diventare sempre più irresponsabile, dedito
all’alcool e alle donne. In questi anni Dazai pubblica il celebre romanzo Shayō (Il sole si spegne), tratto dal
diario di una delle sue amanti.
Ormai al picco della sua fama, Dazai nel 1948
scrive Ningen shikkaku, ultimo
romanzo completo considerato anche suo testamento letterario ed emotivo. Prima
ancora del termine della pubblicazione a puntate su rivista, Dazai si suicida
insieme all’amante Yamazaki Tomie gettandosi nel fiume Tama, a Mitaka. Le
ricerche continuano a lungo e i corpi vengono ritrovati solo il 19 giugno,
giorno in cui l’autore avrebbe compiuto trentanove anni.
I critici concordano nell’affermare che lo stile di
Dazai sia, insieme alle tematiche esistenziali, una delle chiavi del suo
successo. La scrittura definita “in seconda persona” dà al lettore
l’impressione che l’autore/narratore stia parlando direttamente con lui: in
questo modo nel lettore cresce un senso di confidenza e di empatia, volto a
creare l’illusione di essere “davanti a uno specchio“. Dazai dimostra anche un
particolare talento nell’utilizzare voci narranti femminili.
Anche la concezione dell’essere umano e del proprio
ego sono peculiari dell’autore. Dazai illustra l’impossibilità di essere felici
nel mondo, la necessità di costruire maschere per sopravvivere, la natura
egoista di chi ha successo, con un misto di arrendevolezza e passività assente
in altri outsider più ribelli, come per esempio Sakaguchi Ango. Inoltre i
richiami alla sua vita personale sono talmente numerosi che spesso si dà per
scontato che ciò che viene narrato corrisponda a fatti realmente accaduti. Il
mondo letterario di Dazai invece è una speciale commistione estetica di
letteratura e vita in cui le due sfere non possono essere distinte in modo
troppo netto. Si potrebbe sostenere che nei testi a carattere autobiografico
l’autore cerchi di volta in volta di raccontare l’esperienza sublimandola
attraverso la sua personale concezione letteraria e artistica.
La speciale impronta lasciata da Dazai nel panorama
culturale è visibile persino in alcune espressioni ancora utilizzate nel
linguaggio comune, a partire dall’espressione Shayōzoku (“la gente del sole calante” ovvero l’aristocrazia in
estinzione), o la citazione Umarete
sumimasen, “chiedo scusa di essere nato“, considerata una delle frasi più
celebri dell’autore.
Dalle sue opere sono state trasposte con ampio
successo di pubblico nei diversi media della cultura popolare, tra cui manga,
anime, film per la tv e per il cinema.»
Di Elena Tessari è stata pubblicata recentemente
anche la traduzione di uno dei racconti di Dazai Osamu, Le prime foglie di ciliegio e il
flauto magico, traduzione che potrete leggere al link che segue: http://www.rivistaunaspecie.com/2014/04/25/prime-foglie-ciliegio-flauto-magico-dazai-osamu/
Per visualizzare l'articolo originale, seguite
questo link: http://www.rivistaunaspecie.com/2014/04/04/lestasi-terrore-essere-dazai-osamu/#content
Per visitare il sito di Rivista!unaspecie seguite invece
questo link: http://www.rivistaunaspecie.com/
mercoledì 15 gennaio 2014
Un sogno vero, di Laura Boerci
Anno di
pubblicazione: 2013 (Ibiskos
Editrice, Risolo)
Parliamo
qui, per la seconda volta in questo blog, di un libro di Laura Boerci. Si
tratta di una narrazione che sa unire semplicità e contenuti profondi e che,
come sempre, saprà colpire e coinvolgere il lettore.
Riportiamo
come presentazione la prefazione del libro, di Filippo Visentin (già coautore,
insieme a Laura Boerci, di I colori del buio).
Seguono
una nota biografica sull'autrice e un invito.
Presentazione
Amore
e disabilità: due termini che la nostra odierna società, così apparentemente
evoluta, ma nel contempo saldamente aggrappata ai suoi stereotipi, il più delle
volte stenta ancora a coniugare ed elaborare con la dovuta serenità ed apertura.
La
storia che Laura Boerci narra in questa favola, con la leggerezza che da sempre
caratterizza i suoi scritti, ci conduce, quasi prendendoci per mano, nel luogo
dell'anima più enigmatico e seducente per eccellenza: l'Amore.
Ed
è forse proprio questo sentimento, percorso ed esplorato con lucida schiettezza,
ma anche con senso di meraviglia, ad essere il vero protagonista: amore come
crescita e ricerca di sé, come condivisione esistenziale ed emotiva, come
consapevolezza della propria presenza nel mondo.
Con
una scrittura semplice ed essenziale, disarmante nella sua straordinaria
efficacia, l'autrice affronta con grande maestria narrativa il tema complesso
della disabilità e delle sue implicazioni nella vita reale.
Ci
addentriamo così nel territorio delicato
e non privo di insidie, del rapporto genitori/figli, con le sue dinamiche
relazionali ed affettive, le sue contraddizioni e le sue fragilità. Rapporto
che ancor più, d'innanzi alla presenza dell'handicap, spesso finisce con l'alterare
il proprio equilibrio, sfociando in atteggiamenti di iper protettività, paure e
gelosie da parte di padri e madri, laddove invece, nei figli vi è soltanto la
ricerca di una propria identità in un tutt'altro che facile cammino di
edificazione personale e di emancipazione.
Scorrendo
le righe di questa breve favola, ci si lascia volentieri rapire e conquistare,
grazie anche alle illustrazioni, tutte disegnate a bocca da Laura, da un
paesaggio incantato, così come dalla simpatia e profondità dei protagonisti.
Splendida
sul piano creativo la scelta di voler abbinare al libro, anche il CD della
bella canzone "Tu sei speciale", composta e interpretata da Umberto
Fortunato, musicista, nonché compagno di Laura.
Filippo Visentin
Nota
biografica
Laura
Boerci è nata nel 1969 a Milano. Nel 1996 ha conseguito la Laurea in Scienze
Politiche, indirizzo sociologico. L'anno successivo ha dato inizio alla sua
carriera di autrice e regista teatrale, fondando la Compagnia Legamani per la
quale ha scritto 18 commedie rappresentate in diverse regioni d'Italia. Nel
2007 ha pubblicato per Ibiskos il suo primo romanzo L'Aura di tutti i giorni,
giunto alla sua quinta edizione, e nel 2009 I colori del buio, scritto con il
pianista padovano Filippo Visentin.
Affetta
da atrofia spinale, una malattia totalmente invalidante, ama affrontare le
sfide con grinta e scoprire ogni giorno i colori della vita, che poi immortala
nei suoi quadri dipinti a bocca. E' Assessore presso il comune di Zibido S.
Giacomo (Mi), dove risiede, e gestisce il Mi-Rò, un circolo culturale molto
amato dai musicisti blues e jazz della Lombardia.
Da
novembre 2012 collabora con Striscia la Notizia, vestendo i panni dell'inviata
a spinta con Max Laudadio.
Per
concludere, invitiamo chi ha la possibilità di parteciparvi, alla presentazione
del libro Un sogno vero, che si terrà a Padova il prossimo sabato 18
Gennaio, alle ore 17.30, presso il Tea Room Sottosopra, in via XX Settembre 77.
Si avrà così la possibilità di conoscere personalmente l'autrice e la sua opera
attraverso le sue stesse parole.
L'evento
è patrocinato dal Gruppo Giovani di Padova dell'Unione Italiana dei Ciechi e
degli Ipovedenti ONLUS.
Etichette:
Laura Boerci,
Letteratura italiana,
Recensioni,
Un sogno vero
Iscriviti a:
Post (Atom)