Citazione della settimana

CITAZIONE DELLA SETTIMANA

"...una volta che sai cos'è la cosa che vuoi che sia vera, l'istinto è un mezzo molto utile per metterti nelle condizioni di sapere che è vera."

(da Douglas Adams, Addio, e grazie per tutto il pesce; Milano, Mondadori, 1986)

Vedi tutte le citazioni.
Homepage di Libri e oltre

venerdì 11 novembre 2011

Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes



Anno di pubblicazione: 1605 e 1615
Titolo originale: El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha

Il capolavoro di Cervantes, che è stato definito il primo romanzo moderno, è interessante, prima ancora che per ciò che vi si narra, per il modo in cui è stato concepito ed è poi mutato, durante la sua stesura, fino a trasformarsi in qualcosa di molto diverso da quello che era in origine.

Al tempo di Cervantes (1547-1616) in Spagna andavano molto di moda romanzi cavallereschi in cui si narrava di impavidi cavalieri, nobili dame, imprese eroiche e terre dai nomi misteriosi (come la California, in origine semplice nome di fantasia). Questo genere di letteratura era ancora privo, per lo più, degli spunti autoironici e parodici di cui in Italia già l'avevano arricchito autori come Pulci, Boiardo e Ariosto; restava, a giudizio di Cervantes, un genere di basso profilo, insensato, consumato fin troppo da lettori di poco spirito. Da qui nacque in lui l'idea di parodiare l'eccessivo attaccamento dei suoi contemporanei a questo tipo di letture.

 Nel Don Chisciotte, infatti, immagina che un nobile decaduto della Mancia (un hidalgo), a forza di leggere romanzi cavallereschi, perda la testa e si convinca di vivere nel mondo che essi narrano, diventando a sua volta, per spirito d'emulazione, un cavaliere errante votato alla causa della giustizia e della difesa dei deboli. E così, questo aspirante eroe, si sceglie un nome adeguato (Don Chisciotte appunto), una dama da amare, che ribattezza Dulcinea del Toboso, e, dopo un breve periodo di vagabondaggio solitario, uno scudiero, il contadino Sancio Panza, l'unico abbastanza ingenuo e sprovveduto da credere alle sue future imprese e alle sue promesse.
Nel gioco parodico che mette in atto, Cervantes ribalta quella che era l'immagine tipica del cavaliere: Don Chisciotte non è né bello, né giovane, né invincibile; è invece un uomo allampanato, di mezz'età, che, nella sua follia, indossa un elmo rabberciato col cartone, cavalca un "destriero" malandato dal significativo nome di Ronzinante e ama una "dama" tutt'altro che nobile e bella, che oltretutto non incontrerà mai. Completamente immerso nelle sue fantasie, scambia i mulini per giganti, i religiosi per malvagi incantatori, i gendarmi per arroganti villani, gli osti per castellani ospitali (che quindi non dovranno essere pagati) e sfida a duello chiunque non ammetta che la sua Dulcinea è la donna più bella che esista. Con queste premesse, le conseguenze non possono che essere disastrose, e il volenteroso eroe si trova a imitare le situazioni tipiche dei libri che tanto gli piacciono sempre più malconcio e deperito. 
Nel corso della narrazione, però, questo personaggio buffo e ridicolo gradualmente si trasforma. Cervantes, infatti, finisce per affezionarsi a questo nostalgico paladino di valori ormai tramontati, come la lealtà, l'onestà, l'amore, la giustizia: pur nella comicità che suscita, Don Chisciotte assume una sua dignità morale.
L'autore termina la stesura della prima parte dell'opera nel 1605, lasciando in sospeso il vagabondaggio dell'eroe (pur citando la sua morte), cosicché un altro scrittore, che si firma con lo pseudonimo di Avellaneda, ha la possibilità di scrivere la continuazione della storia. Il Don Chisciotte che dipinge, però, è quello sciocco e ridicolo delle origini, non quello maturato nella mente e nell'opera di Cervantes, che per questo motivo, risentito, decide di riprendere in mano le vicende del suo personaggio, trattandolo col rispetto che merita e narrandone infine anche la morte, per evitare che possa essere ulteriormente dileggiato da altri Avellaneda. Don Chisciotte diventa così, nella seconda parte della storia, un uomo acuto e lucido, un saggio, che sragiona e si presta ad essere preso in giro soltanto in materia di cavalleria. Avellaneda, invece, viene fatto oggetto di continui attacchi, tanto piccati quanto mordaci, e lo stesso eroe, ormai reso celebre, anche nella finzione narrativa, dalla pubblicazione della prima parte del romanzo, inveisce contro il ciarlatano che ha parlato di lui in modo tanto falso e ingiurioso.
Cervantes riuscì a concludere e pubblicare la seconda parte della sua opera nel 1615, un anno prima della sua morte, consegnandoci un capolavoro capace di intrattenere e divertire i lettori grazie all'intelligenza e all'ironia che lo pervadono, a una narrazione vivace e piacevole e, soprattutto, alle straordinarie figure di Don Chisciotte e Sancio Panza: il primo coraggioso, virtuoso, leale, il secondo concreto, furbo, fifone e opportunista, ma di indole buona; entrambi in parte ridicoli e in parte da ammirare, animati come sono da un miscuglio inimitabile di balordaggine e qualità umane, tanto che è impossibile non affezionarsi alle loro vicende e alla loro compagnia.

Miguel de Cervantes y Saavedra scrisse anche novelle, come Il dialogo dei cani, opere teatrali, come I bagni di Algeri, e un romanzo pastorale, la Galatea, generi letterari tutti presenti, in forma di digressioni o messe in scena, anche nel suo capolavoro.
Una versione attuale davvero bella del Don Chisciotte (la trovate su Youtube) è quella sintetizzata nell'omonima canzone di Francesco Guccini, una lettura in chiave contemporanea dell'impegno dell'eroe contro l'ingiustizia e in favore di valori ormai messi da parte.
Opere affini al Don Chisciotte sono, allargando la prospettiva anche alla parodia dell'epica in senso stretto, il Margite e la Batracomiomachia dello Pseudo-Omero, il Morgante di Luigi Pulci, l'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, l'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, l'Astolfeida di Pietro Aretino e La secchia rapita di Alessandro Tassoni. Sono solo alcuni titoli tra quelli che hanno da sempre accompagnato in parallelo la fortuna delle opere parodiate.

Gridoux




Nessun commento:

Posta un commento